Da Tolmezzo, verso villa Santina e quindi verso Ovaro e poi Rigolato per poi “scavallare” in Veneto a Cima Sappada. Giunti nell’abitato immediatamente dopo la chiesa gireremo a destra (cartelli ben in evidenza) per immetterci nella provinciale 112, circa 8 km. A tratti molto stretta nel caso si incrocino auto in senso contrario, fino all’ampio parcheggio ben evidente sulla sinistra e destra della strada, abbondantemente prima di arrivare alle foci del Piave.
Escursione.
Dal parcheggio (1815 mslm) si prende la carrareccia antistante (CAI 132), seguendo la strada in modo agevole sino al rifugio Calvi, e in poco meno di un oretta abbiamo messo in “sacoccia” i primi 349 metri di dislivello.
Dal rifugio Calvi (2164 mslm) si continua, passando nel mezzo di un ghiaione, sino ad incontrare nel giro di due tornanti una tabella in legno, a destra sarà la strada del ritorno mentre noi proseguiamo dritti. Ci ritroveremo in una zona erbosa su una conca che guarda proprio il rifugio, e dopo aver aggirato un enorme masso ad una trentina di metri si noterà l’attacco della ferrata. Qui ci vestiremo di caschetto, imbrago e longe. In realtà si tratta di un primo pezzo di qualche metro, che serve solo a sorpassare un declivio piuttosto viscido Infatti non ci sono reali appigli e bisogna andare su di forza con le braccia utilizzando il cavo come corda.
Sorpassato questo piccolo punto si sale per una quindicina di metri (circa 100 metri lineari) a piedi sino ad aggirare a sinistra un enorme macigno esposto e con una secca svolta a destra ci ritroveremo sotto il Peralba dove inizia la ferrata Sartor (2292 mlsm).
La via ferrata, con tanto di targa commemorativa a Piepo Sartor, inizia con una facile scalinata artificiale. Superata questa iniziano i tratti più complessi ma mai difficili per mancanza di appigli naturali. La prima parte sale dritta per poi tagliare il costose in obliquo verso Nord – Ovest sino a terminare circa 200 metri di dislivello più sopra su un piccolo pianoro erboso. Qui di fatto termina la ferrata e potremo liberarci dall’imbrago.
Dal pianoro si sale a vista, i segnavia sono solo abbozzati per via del terreno molto friabile, per cui di fatto non c’è un sentiero vero e proprio ma bisogna “disegnare” il percorso di volta in volta. Nel giro di 150-180 metri di dislivello ci troveremo sotto dei muri a secco della prima guerra mondiale, e la cima del Peralba, che vista da sotto sembrava più bassa, si mostra alla nostra sinistra. Si passa tutto in cresta sino ad arrivare alla famosa madonnina, fotografata anche durante l’escursione di Papa Giovanni Paolo II nel 1988, e poco più in la una campana e la croce di vetta (2694 mslm). Poco prima avremo sorpassato una croce di legno e l’immancabile libro di vetta completano il quadro, unito, ovviamente, ad una vista mozzafiato come premio della giornata.
Dopo la sosta pranzo si prosegue continuando in direzione Nord, ovvero superando la croce di vetta. Scendendo vedremo una tabella in marmo che ricorda proprio la visita del Santo Padre e due tabelle in ricordo dei caduti della prima Guerra Mondiale. Si tiene la destra (mentre a sinistra porta ad un anfratto artificiale del primo conflitto mondiale) e si aggira una parte esposta di roccia per trovarsi dopo un paio di scollinamenti in una discesa attrezzata. Noi siamo scesi senza imbrago, ma personalmente a metà di questo avrei gradito averlo addosso. Si tratta di una via attrezzata di circa 200 metri di lunghezza, non molto manutenzionata. Se non altro consiglio caschetto e guanti perché le rocce aguzze nonostante il caldo trasudavano umidità, inoltre il terreno è molto friabile con il rischio di far cadere sassi. Francamente questo tratto della cosiddetta “via normale” mi è sembrato alquanto pericoloso in discesa e forse non adatto a tutti, specie in condizioni che non siano di bel tempo assoluto.
Questa discesa di fatto ci prospetta sul versante nord del Peralba. Anche qui talvolta il sentiero bisogna inventarlo a causa del terreno friabile che rende tutto interpretabile. Ad un certo punto vicino ad un bollo rosso si scorgerà un piccolo abisso artificiale, anch’esso di origine militare, che scompare chissà dove nella pancia della montagna. Mentre guardando verso nord, alla base del Monte Oregone, si noterà un piccolo villaggio di guerra che dopo 100 anni esatti è ancora li con tanto di comignoli e tetto, alla faccia delle costruzioni moderne.
Arrivando sulla vallata erbosa sottostante , a circa 2400 mslm, si girerà decisamente verso destra e proseguendo attorno alle sinuosità della base del Peralba giungeremo al Passo Sesis (circa 2300 mlsm). Scavallata la sella si vedrà più in sotto il Rifugio Calvi ed anche il sentiero che ci porterà alla tabella in legno citata in precedenza. Dal rifugio si segue la strada per il ritorno sino al parcheggio.
La vista mozzafiato sul Calvi dalla Ferrata Sartor
Tutti i materiali sono mantenuti in modo egregio.
Un momento della Ferrata Sartor
Dal terreno friabile la traccia si intuisce grazie alle freccie.
Dopo la ferrata si intravede la Cima.
Filo spinato della Grande Guerra, ancora oggi presente sulla sommità della montagna
Il tempo cambia in fretta..
Ricordo dell’escursione di Papa Paolo II
Parte attrezzata sulla via normale.
Villaggio militare ancora intatto.
Vista dal parcheggio
Rifugio Calvi
Curiosa “faccia” sul monte derivata dalle grotte militari.
Monte Peralba, ferrata Sartor
La famosa Madonnina
Croce di vetta.
cappella votiva vicinanze rifugio Calvi.
resti villaggio militare sulla sella Chiadenis
indicazioni vicino al rifugio
Il Calvi visto dall’alto
parte iniziale della ferratam prima dell’attacco vero e proprio.