Indicazioni per il parcheggio.
Dall’uscita dell’autostrada di
Pontebba si torna verso Udine per arrivare all’abitato. Si esce quindi dalla statale per entrare nel paese. Si prosegue in via Mazzini sino a scorgere un piazzale sulla sinistra. Qui occorre fare attenzione sulla destra per le indicazioni di Passo Pramollo, comunque ben evidenti. Si gira a destra passando sotto la ferrovia e
percorrendo la strada, a tratti piuttosto stretta, per la bellezza di 11 km sino ad arrivare alla ex caserma Marta e Laritti posta all’apice del tornante poco prima di Passo Pramollo. Ampio parcheggio sotto la Casermetta in corrispondenza della carrareccia.
Escursione.
Dalla ex casermetta della Guardia di Finanza si intraprende la
carrareccia (CAI 433) che scompare nel bosco sino ad incontrare in breve un primo bivio dove gireremo a destra. Dopo circa un chilometro ci troveremo ad uscire in una radura. Sulla destra ben visibile un ponticello e più in la la
Casera Winkel. Piuttosto caratteristica, con il
colore rosso degli infissi come il tetto e il nero del legno, colpisce per la cura con cui è tenuta. Noi gli passiamo dinanzi e proseguiamo sul sentiero che si perde nella macchia. A tratti ci infileremo nel
sottobosco per uscire qua e la nelle vicinanze del
Rio Winkel fino a quando non lo attraverseremo del tutto. Dalla sponda opposta si continua per qualche km sulla vegetazione rada via via più brulla, mentre alla nostra sinistra si stagliano evidenti la
Creta di Pricot (2231) e il
Monte Cavallo di Pontebba (2239).
Giunti nuovamente in una parte erbosa il sentiero nel breve scompare dietro un enorme macigno, su cui
le scritte in vernice ci confortano nella giusta direzione. Poco più avanti dopo aver aggirato un enorme macigno spaccato in due, un
cartello in legno del CAI ci avvisa del bivio poiché in effetti non è evidente in mezzo al “grigiore” dei sassi. Quindi si volta a destra e nel breve di qualche decina di metri ci troviamo in mezzo al pietrisco. Si seguono le traccie di vernice che sono ben evidenti, in pratica si attraversa un ghiaione di deriva per finire poco sotto la montagna. Qui si vedrà in modo inequivocabile il cavo che ci invita a vestire gli imbraghi e il caschetto.
Dopo aver messo
imbrago,
caschetto e
longe affrontiamo la
prima parte della
ferrata per altro molto semplice. Si finisce dopo neanche 20 metri su una selletta, da li prendiamo la traccia che si affaccia sul versante austriaco e più precisamente sulla
Sella e il Monte Madrizze (1918). Il nostro sentiero “gira” verso sinistra e si infila sotto la
Torre Winkel dove inizia la ferrata vera e propria.
L’attacco
non è molto complicato ma nel giro di poco le
difficoltà aumenteranno, tuttavia i passaggi sono forniti di agganci naturali e artificiali per poter superare i vari tratti di salita. Solo un paio sono degni di nota, ovvero uno dove si sale verticalmente per poco meno di due metri e ci si ritrova in un piccolo terrazzo erboso e poco più avanti un altro dove gli agganci artificiali sono ben evidenti, tanto da essere verniciati di rosso quelli dove mettere le mani. La salita ci impegna per circa duecento metri di dislivello sino a trovare
la cima della
Torre Winkel (2041 mslm). Alla nostra destra sarà evidente il Monte Clampil che andremo a raggiungere a breve. Tutt’attorno si gode una vista a 360° sul versante italiano come quello austriaco.
Si scende nella ferrata che parte
da un masso ben evidente,
la discesa è netta ma non complicata per finire in una selletta e poi risalire per altri 20-30 metri sino alla fine della ferrata. Da li si sale sul “panettone” erboso sino alla
croce di vetta del
Monte Clampil (2078 mslm).
Per il ritorno si scende per qualche decina di metri sino a cercare i segnavia rossi e girare decisamente verso sinistra, qualche metro sul costone sino a raggiungere un masso spaccato in due, lo attraversiamo in mezzo e ci troviamo dinnanzi ad
un dirupo. Sulla sinistra la corda in acciaio dove agganciare nuovamente la
longe. E’ il tratto più difficile della giornata,
con cautela e molto giudizio ci caliamo di sotto, purtroppo rispetto a prima qui gli appigli artificiali sono praticamente inesistenti (mi pare di averne visto solo uno) e ci si deve affidare a quelli naturali. Nel tratto finale di questo dirupo ci si ritrova a dover scendere praticamente sostenendosi solo con la forza delle braccia. Ad ogni modo se ce l’ha fatta il sottoscritto, ce la dovrebbe fare chiunque…
Alla fine del dirupo ci troviamo in una sella, dopo qualche metro vedremo il sentiero che si divide, una parte prosegue verso il Cavallo (la ferrata Contin), mentre noi scenderemo a sinistra per l’ultimo tratto attrezzato. Arrivati sino a qui, il tratto di ferrata sarà decisamente semplice, tuttavia meglio prestare attenzione anche in virtù della stanchezza per chi non è molto allenato o è alla sua prima esperienza, visto che si sforzano muscolature differenti dalle solite escursioni.
Nel breve ci troveremo nel canalone di detriti, un
cartello rosso ben evidente segna l’inizio (ma per noi è la fine) della parte attrezzata. Possiamo levare l’imbrago e le longe. Scendiamo per circa due chilometri tra i sassi (comunque ben segnalati dal CAI) fino al congiungersi con il sentiero di andata (bivio con segnavia in legno). Da qui il rientro per il sentiero da cui siamo arrivati sino al parcheggio.
Torno sul discorso della sicurezza. E’ una ottima escursione per chi vuole provare l’ebrezza della via Ferrata. C’è un po’ di tutto, nel nostro caso pure la pioggia quando eravamo in cima al Clampil per cui la discesa è stata anche abbastanza apprensiva. Però è bene fare questa escursione, ovviamente per chi inizia, accompagnati da qualcuno che conosce il percorso e sa come utilizzare i materiali. Ma sopratutto sa darvi le indicazioni necessarie nei momenti difficili. Analizzare con calma dove mettere i piedi e non farsi prendere, nemmeno nei passaggi facili, dalla “
boria” di andare avanti decisi. Se nel caso di una escursione “
normale” si richiede attenzione e giudizio qui i rischi aumentano in modo esponenziale e si richiede un impegno fisico e mentale ancora più importante.
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