Indicazioni per il parcheggio.
arrivando da Udine sulla SS13 dobbiamo raggiungere l’abitato di
Ugovizza. Stesso dicasi se provenite dall’autostrada, dovrete prendere l’uscita per Ugovizza / Valbruna. Dall’autostrada sarà molto semplice, usciti a destra, si tiene nel curvone della rampa di discesa la sinistra, ci ritroveremo direttamente in
Via Saisera. Per chi proviene dalla SS13 invece dovrà sorpassare l’abitato di Ugovizza e prendere le indicazioni per entrare in Autostrada. Ma in realtà si supera l’ingresso. A questo punto in Via Saisera proseguiamo diritti per la strada superando
ValBruna sulla sinistra e quindi entrando nel parcheggio P1 a sinistra e una volta entrati ci teniamo a destra oltre le indicazioni dell’agriturismo Prati Oitzinger . Ampio parcheggio dinnanzi al torrente Saisera.
Escursione.
Dal parcheggio (900 metri) si prende le indicazioni del sentiero CAI 615 –
Rifugio Pellarini (nostra prima meta) aggirando la collinetta che vediamo verso sud ci porterà
“sul ponte” che attraversa il
Torrente Saisera. Su un curvone dopo un ansa scorgeremo una
“fontana”, utile al ritorno per rinfrescarsi nelle giornate più torride, e poco più avanti una
“deviazione” verso sinistra che ci immette nel sentiero
CAI 616. Dopo neanche una ventina di metri sorpasseremo il
Canale Klinker che sfocia sul Saisera per congiungersi, girando a sinistra, sulla carrareccia di servizio al Pellarini. Seguiamo quindi quest’ultima che sale con un linea di pendenza gradevole, faticando certamente perché in salita, ma senza forzarci a strafare. Nel percorso incontreremo alcune
“deviazioni”, una a destra che intercetta gli anelli del
Parco Tematico della Grande Guerra, e più avanti, sempre sulla destra il
Sentiero Marco Martinolli. Noi proseguiamo diritti sino ad avvicinare il
Rio Zapraha, tanto da poterci
“pure entrare”, se volessimo, attraverso un suo affluente. Siamo di fatto al termine della carrareccia, delimitata dalla
“cabina” di ritorno della teleferica merci (1150 metri) che rifornisce il Pellarini.
Qui inizia la salita più seria, almeno per la parte che riguarda fino al rifugio, si sale in modo più deciso e il terreno richiede più attenzione. Ad un certo punto dopo essere passati sotto la teleferica ed aver affrontato alcuni tornanti in salita, ci si infila decisamente dentro il sottobosco e dopo qualche tornante attraversiamo un piccolo
“passaggio attrezzato”, ma è più avanti che occorre prestare attenzione, forse il punto più complesso della giornata. Un passaggio su roccia di massimo due metri. In giornate secche non rappresenta un problema, ma dopo una serie di giornate di pioggia come nel nostro caso lo rendono insidioso poiché la roccia trasuda acqua e gli scarponi fanno fatica a tenere la presa. Ancora qualche centinaio di metri nel bosco per poi uscire in una deriva ghiaiosa che attraverseremo in obliquo. Più in alto per la prima volta scorgiamo il tetto del Pellarini. Forziamo l’andatura sulla salita, dove “
“cascatelle”” e una fontana ci danno il benvenuto e dopo uno scollinamento siamo al
rifugio (1502 metri), nel nostro caso ad ora di pranzo.
Gustando una pasta al pomodoro, dal patio si scorge benissimo la
“Sella Nabois” verso Sud, tra il Jof fuart e il Nabois Grande. In particolare si vede piuttosto bene il tracciato che a zig zag che ci porterà in cima. Dal Rifugio prendiamo il sentiero
Carlo Chersi (sempre CAI 616), cioè a sinistra di quando siamo arrivati al rifugio, cartelli ben in evidenza, e dopo aver oltrepassato un piccolo masso si scende fino ad arrivare a sorpassare il greto del Zapraha per tornare a salire tra i mughi nella vallata opposta. Qui troveremo
“l’attacco” per la
via alpinistica Gasparin Florit, noi teniamo il sentiero a sinistra. Per un primo tratto al cospetto delle
cime Vergini e Rio Freddo alla nostra sinistra, gireremo tra i mughi e il letto di deriva di un torrentello. Tra i massi scorgeremo due targhe, una prima in marmo, oramai quasi illeggibile, dedicata ad escursionisti periti nel tentativo di aprire una via sul Jof Fuart e successivamente una di ottone. Ad un certo punto i mughi smettono di colpo e dopo un piccolo scollinamento inizia la salita più pesante, si seguono a vista i segnavia Cai che con un sentiero a zig zag, visto dal rifugio in precedenza, con ampi rimandi da una 30 di metri salgono in modo costante e ripido. Il Fondo è diventato via via sempre più ghiaioso e quindi in salita si fatica ancora di più per la cedevolezza, in particolare modo quando il verde lascia il posto al grigio della roccia. Qui si arriva ad aggirare un masso e dopo pochi metri si giunge a Sella Nabois (1970 metri). Notevole la vista sul
“Montasio”, con in evidenza
Sella delli Sieris e cime di Terra rossa. Nelle vicinanze, visto che era un punto di osservazione austro-ungarico, molti
“resti militari” visitabili.
Per il ritorno si effettua il percorso a ritroso, avendo cura di prestare attenzione almeno sino alla teleferica base per via del fondo, i cui sassi presentano insidie dovute alla stanchezza e alla cedevolezza delle gambe.