Può capitare una stagione estiva piuttosto movimentata, per cui quasi ogni giorno ci sono temporali, specie verso sera. E’ normale perché il ciclo di evaporazione dell’acqua più spinto nei giorni molto caldi, porta a formazione di fenomeni temporaleschi. In montagna questo ciclo avviene piuttosto rapidamente per cui si trovano situazioni curiose con temporali improvvisi e molto circoscritti. Qualche anno fa durante l’escursione a
forcella Nabois mi sono trovato testimone di questi micro-temporali. Ero tranquillamente in esposizione solare, che picchiava essendo agosto, ma guardando delle cime a non molta distanza, più o meno saranno stati 5-600 metri in linea d’aria, non solo vedevo l’acqua scrosciare dalle pareti a causa della pioggia, ma si vedevano scariche elettriche. Un fenomeno che è arrivato, si è manifestato, ed è sparito nel giro di mezz’ora al massimo. Ed io sono sempre stato all’asciutto con il sole che mi abbronzava senza sosta. Ma se fossi stato 600 metri più in la…
Mi sono posto la domanda “che avrei dovuto fare?” e mi sono documentato. Ecco quindi alcuni consigli su come comportarsi e cosa fare durante un temporale improvviso in montagna. Partiamo con il primo consiglio, banale ma non troppo.
Previsione.
E’ bene prevedere il temporale, chiaramente sarebbe meglio prima di partire, ma siccome non sempre è possibile la prevenzione è intesa sul campo. L’ambiente comincia a diventare ventoso, con folate piuttosto forti, spesso le nubi cominciano a muoversi in modo circolare e il colore tende a scurirsi. Un segnale importante poiché indica maggiore densità che porta poi a scaricare a terra l’acqua che si è concentrata. E’ chiaro che in questa situazione bisogna effettuare delle valutazioni, ad esempio conviene abortire la meta, se la stiamo ancora perseguendo e tornare indietro. Oppure valutare la presenza, magari perché ci siamo passati davanti nel viaggio di andata o perché ce lo dice la mappa, eventuali rifugi. Non è facile ma bisogna cercare di capire, osservando, quale possa essere la traiettoria dei questo fenomeno atmosferico. Se ci sta venendo chiaramente addosso è il caso di invertire la rotta. Spesso questi fenomeni si “appiccicano” alle vette proprio per questioni di sviluppo termico, quindi in linea generale è meglio allontanarsi dalla cima. Se invece vediamo un evento davvero esteso all’orizzonte, non è un temporale locale, ma qualcosa di decisamente più grosso, in quel caso dovremo già alle prime avvisaglie in lontananza, abortire o comunque tornare indietro.
Regola del 30.
Per la previsione ci viene utile la regola dei 30 secondi, se in lontananza vediamo un fronte esteso e vediamo un lampo cominciamo a contare fino a 30. Se udiamo il boato classico del tuono entro i 30 secondi significa che è meglio cercare un riparo ora, perché teoricamente non abbiamo molto tempo, più o meno molto empiricamente circa 30 minuti. Una volta passato il temporale aspettiamo nel nostro riparo di nuovo 30 minuti dall’ultimo tuono. Tuttavia ci sono delle eccezioni, ovvero la conformazione delle montagne può portare ad uno sfasamento percepito, cioè il suono può essere scomposto poiché rimbalza o addirittura ci sono delle eco. Per dare una metrica di base possiamo stabilire che se tra un lampo e il tuono passano 3 secondi vuole dire che questo è caduto a circa 1000 metri dalla nostra posizione.
Segni premonitori.
Tuttavia in montagna, benché le nostre siano piene di rifugi o manufatti, non è sempre possibile raggiungere un luogo sicuro. Se il temporale si è avvicinato e si vede che i lampi sono piuttosto vicini, aggiunto all’odore di ozono, ovvero l’odore della pioggia, i peli delle braccia e i capelli cominciano a rizzarsi con una sensazione di pizzico sul cuoio capelluto per via della corrente elettrostatica, siamo nei pasticci. Cioè il temporale e i fenomeni elettrici sono letteralmente sopra di noi, a questo punto è meglio assumere la posizione di sicurezza. Se abbiamo delle parti metalliche, tipo piccozze, bastoncini (anche quelli in fibra di carbonio), poggiamole a terra e allontaniamoci di almeno 15 metri, con passi a falcata molto corta.
Posizione di sicurezza.
La posizione di sicurezza consiste nell’accucciarsi a terra in posizione fetale, con ginocchia e piedi uniti. Con le braccia abbracciamo le gambe. La testa va posta sopra alle ginocchia, con il torso vicino alle stesse. Lo scopo è quello di formare un unico punto di contatto con il terreno. Non dobbiamo essere i più alti in zona, quindi accucciarsi è utile, ma non sdraiarsi o stendersi, perché andremo a fornire maggiore spazio in caso di dissipazione da un fenomeno vicino. Meglio se ci disaccoppiamo dal terreno roccioso con materiale tipo plastico/gommosi come può essere lo zaino. Quindi se lo zaino è moderno non dovrebbe avere parti metalliche, lo potremo mettere a terra e accucciarsi sopra. Nel caso ci siano più persone, allontanarsi l’uno dall’altro (almeno 10 metri) perché nel malaugurato caso qualcuno venisse colpito potrebbe crearsi un arco voltaico, ovvero la corrente potrebbe essere veicolata tra le persone.
Primo soccorso.
Se nonostante tutto qualcuno viene colpito da un fulmine è bene sapere che l’80% dei casi non è mortale. Il maggiore rischio è infatti l’arresto cardio-circolatorio, quindi ci si deve assicurare che la persona respiri e se del caso applicare
le manovre di rianimazione. Toccare il malcapitato non è pericoloso in quanto la scarica si è completata, ovvero di fatto è andata a terra. I sintomi più gravi sono perdita di conoscenza, difficoltà a respirare, dolore al petto, problemi alla vista e difficoltà a stare in piedi o a ragionare. Se poi il fulmine ha colpito direttamente la persona c’è in aggiunta il rischio di ustione, se è estesa il rischio di morte è maggiore. In questo caso è chiaramente mandatorio cercare aiuto nei soccorsi, cosa che sappiamo non essere semplice in zona montana.
Luoghi sicuri.
I luoghi sicuri, al di là di un rifugio, sono in realtà pochi e in realtà nessuno di essi è propriamente sicuro. Un bosco può esserci d’aiuto, purché stiamo lontani dagli alberi più alti. In particolare i
larici che tra i fusti sono quelli più soggetti ad essere colpiti. Un luogo aperto e lontano da picchi e oggetti metallici sono sicuri purché noi stessi non costituiamo il punto più elevato nella zona. Zone depresse, come conche o avvallamenti sono meglio di una zona aperta. Una grotta è meglio ma dipende dalla conformazione e dalla profondità, in ogni caso adottare anche all’interno di essa almeno il disaccoppiamento tra noi e il terreno, cercando la zona che abbia maggiore distanza tra soffitto e pareti, che abbiano almeno un metro di distanza.
Luoghi non sicuri.
- cime dei monti, vette, creste e guglie.
- canaloni, prossimità di strapiombi o gole, fessure o camini.
- presenza di oggetti metallici, quali pali, croci.
- vie attrezzate (scalette metalliche e cavi).
- vicinanza a grosse pareti verticali.
- alberi e/o grossi massi isolati.
- anfratti rocciosi.
Fuochi di San Elmo.
Come se non bastasse, bisogna riconoscere i fuochi di San Elmo, ovvero scariche elettriche in assenza di tuono. Questo pericolo si ravvisa in particolare durante una forte esposizione di nuvole a bassa quota, che in montagna sono piuttosto frequenti. La corrente elettrica in questo caso non va verso il basso, ma si concentra tra due conformazioni nebulose, in pratica la scarica viaggia orizzontale. Generalmente questi fuochi assumono delle conformazioni bluastre intorno a materiali metallici, come ad esempio croci, scalette metalliche eccetera. Non sempre, ma si può udire un crepitìo metallico. Questi segnali indicano l’imminente scarica. C’è inoltre una alta probabilità che il fenomeno torni a ripresentarsi poco dopo, quindi è meglio cercare di allontanarsi almeno una ventina di metri dagli oggetti che hanno presentato questo fenomeno visivo.