Indicazioni per il parcheggio.
Si deve raggiungere l’abitato di
Tramonti di Sotto. Lo si può fare solo attraverso l’unica via possibile, la
Strada Regionale 552 che arriva da
Meduno. Una volta entrati in paese si gira la prima a destra, in
Via Cleva dove appare il ristorante subito dietro la curva. Si prosegue uscendo in un pianoro fino a quando non si trova un evidente quadrivio. Noi giriamo a destra e si prosegue per la strada asfaltata per un paio di chilometri sino al divieto di accesso dove è presente anche una sbarra. Poco prima del divieto ci sono due zone dove è possibile parcheggiare.
Escursione.
Si parte dalla ampia carrabile (420 mslm) che subito attraversa il
torrente Tarcenò, sarà un segno distintivo di questa uscita visto che incontreremo nel nostro percorso moltissimi Rii e rivoli d’acqua. Nel primo tratto, sulla nostra destra, vedremo due dei possibili rientri da
Tamar, ultima tappa di questa escursione ad anello. Ma il nostro primo obbiettivo dell’escursione è andare a visitare
Vuar, dove è presente l’affascinante
villa. Il percorso è risultato nel complesso sempre ben segnalato, sia per le direzioni da intraprendere che per le varie “destinazioni” da vedere. Una ottima organizzazione che fa grande onore a chi sta tentando di rilanciare turisticamente questi luoghi pregni di fascino.
Il primo tratto,
sentiero CAI 831a, non è complesso. Ad un certo punto, dopo una curva dove un torrentello si palesa con le sue marmitte che offrono la visione di una natura selvaggia quanto magnifica,
vediamo il cartello che indica a destra per Palcoda e sinistra per Vuar. Ci si infila per 5 metri sul torrente e poi si risale sul costone alla nostra sinistra. Avanti per circa 300 metri quando si vedono i
muretti a secco e poco dopo un
cartello in terracotta ci accoglie a
Vuar (520 mslm). Alla nostra destra l’antica villa in sfacelo sulla cui facciata restano i
sontuosi 11 archi che mostrano una architettura non usuale per il tempo in cui fu costruita (intorno al 1700).
Si fa ritorno da dove siamo venuti sino alle indicazioni citate in precedenza, ovvero nel
CAI 831a. Durante il percorso, sempre ben visibile, passeremo accanto agli Stavoli Crovat (527 mslm) che noi abbiamo saltato, mentre sul sentiero incontreremo l’enigmatico “
leone sulla roccia“, ovvero dall’altra parte del torrente
Tarcenò alto si dovrebbe scorgere la figura del viso di un leone che esce dalla roccia. Un esercizio per l’immaginazione, devo dire che rende più l’idea in foto che di persona. Tranquilli, un cartello, anch’esso in terracotta vi avviserà di guardare dalla parte opposta.
Siamo vicini allo scollinamento e anche al terzo e
penultimo aggancio per andare a Tamar, noi si prosegue dritti perdendo quota, da circa 650 fino 570 mslm, tanto da raggiungere il sottostante
Torrente Chiarzò. Nella discesa per la prima volta vedremo
in lontananza e in tutta la sua bellezza
Palcoda di sopra, con il bianco campanile che sembra svettare (poi vedremo perché “sembra”).
Arrivati sotto al torrente,
un cartello ci indica a sinistra per Palcoda e destra per le
Cascate del Pissulat. Si prende ovviamente a sinistra, guadando il torrentello, da qui in poi è il trionfo dell’acqua, piccole sorgenti e torbe ovunque, così come il suono dell’acqua che scorre. Dopo circa 3-400 metri incontreremo i
primi ruderi, si tratta di due abitazioni che danno il nome a
Palcoda di sotto.
Proseguendo nel sentiero e riprendendo quota, dopo una svolta si palesa un affluente del Chiarzò, che con
marmitte e cascatelle si infila nel torrente principale regalando il classico verde delle acque montante. Poco più avanti
svetta un
capitello votivo con un Cristo, segno che la cittadella fantasma non è lontana. Si sale ancora fino a trovare uno dei ormai noti cartelli in terracotta (bisogna dire che utilizzare la terracotta come cartello, al netto di qualche imbecille che potrebbe danneggiarlo, è una bellissima idea poiché anche in battuta di sole non si scolorirà come i classici pannelli informativi che ben conosciamo) ci indica a destra per la “
Fornace” mentre in un tronco a sinistra indica l’indicazione per il
mulino. Il sentiero per quest’ultimo appare piuttosto poco frequentato benché si noti il “troi” (sentiero piccolo) marcato da pietre. Abbiamo optato per andare a vedere la fornace, uscendo così dal CAI 831a. Questa si palesa dopo una cinquantina di metri, probabilmente restaurata. Davvero un
manufatto di altri tempi che fa ricordare la vita passata. Sappiamo che questa è una delle due di cui disponeva il paese, probabilmente quella più potente.
Optiamo per continuare sul sentiero non ufficiale, segnato da bolli rossi sugli alberi e che andrà ad uscire proprio dietro il villaggio disegnando un piccolo anello. La nostra scelta è decisamente premiata.
Una cascata davvero particolare, con un rumore “
rilassante“, ma con una portata d’acqua che scivola dolce sulla parete scoscesa e che alimenta anche lei il Chiarzò. L’effetto visivo è quello di una fotografia a lunga esposizione ma vista in tempo reale, tanto che le foto che abbiamo scattato a 1/100” sembrano fatte con tempi decisamente più lunghi. Continuiamo cercando i bolli rossi nel bosco, o meglio, quello che oggi è un bosco ma i netti terrazzamenti separati dai muretti a secco, con tanto di
scolo per le acque, fanno capire chiaramente che quelli erano
campi coltivati nel momento di massimo splendore. Il tracciato nel bosco sembra portare lontano dal paese, ma non preoccupatevi ad un certo punto avvicinato il Chiarzò gira di colpo e ci fa scendere in quello che era un impluvio per le acque debitamente modellate con
muretti a secco. Si risale sul crinale esattamente dietro Palcoda. Qui mi riaggancio al “
sembra” sull’altezza del campanile, infatti a vederlo da lontano sembrava svettare rispetto alle altre costruzioni. Invece da dietro questo nemmeno si nota poiché in realtà è più basso. Tanto che per un tratto ci siamo incamminati dalla parte opposta credendo che il paesino fosse sopra di noi, ed invece era sotto.
[blockquote style=”2″]Palcoda è bella, Venezia è sua sorella (citazione paesana).[/blockquote]
Ci infiliamo
dentro i resti delle
abitazioni di Palcoda (628 mslm), tutte a più piani, ovviamente nessuna si è salvata da
quasi 100 anni di abbandono, e se i tetti non esistono più, qua e la dei piani rimane qualche trave. Le gramigne e il muschio ancora oggi cercando di farsi avanti disegnando
bizzarre forme che si fondono con la pietra. La vista è spettrale e affascinante allo stesso tempo, ci fa ricordare cosa doveva essere la vita tra i viottoli dal 1400 e i primi del 1923 quando il paese fu abbandonato definitivamente.
Nel massimo splendore Palcoda contava 150 abitanti, essi vivevano di pastorizia e agricoltura, ma anche della produzione dei cappelli di paglia che erano persino venduti nel Nord Europa. Nel 1780 fu eretta una
chiesa, restaurata nel 2011. Questa ovviamente
spicca visivamente per la sua ricostruzione, così come il campanile dove i visitatori possono far suonare la campana, regalando al paesino “
fantasma” un aurea ancora più malinconica. Si può visitare anche la
piccola chiesetta, composta da due porte, una chiamata “
porta del sole” è davvero imponente. Vista da davanti con il disegno del sole, ma vista dall’interno con i
meccanismi di sgancio sembrano degni della più imponente delle fortezze. L’interno della chiesa è spoglio e ci sono oltre all’altare in pietra, dei cartelli informativi circa il (giustamente orgoglioso) lavoro di ricostruzione.
Riprendiamo il cammino, dopo aver fatto visita al
piccolo ricovero (un manufatto decisamente moderno) con tanto di cucina e una zona notte con letti a castello. Si scende tornando a incrociare il Chiarzò per una piccola
cengietta, utile perché il terreno umido e leggermente scosceso può rivelarsi insidioso. Percorriamo a ritroso il sentiero, oltre Palcoda di sotto, fino a tornare ai cartelli visti in precedenza. Qui è possibile tornare a salire sino su al “
leone” e prendere il sentiero che porta a Tamar, oppure optare per un tracciato più difficile seguendo il lato del destro del
torrente Chiarzò.
Noi abbiamo scelto quest’ultima opzione, anche per vedere la
Cascata del Pissulat. Francamente non siamo sicuri che la cascata che abbiamo visto sia quella del Pissulat e probabilmente non lo era. Si dovrà attraversare almeno un paio di volte il torrente, quindi se nel bivio vedete che l’acqua è piuttosto abbondante tanto da non mostrare i classici sassi per guadare, vi consigliamo di tornare indietro. Questa parte del sentiero è piuttosto differente da quella percorsa sino ad ora, meno marcata ed esposta in qualche punto, inoltre si prende quota per una parte iniziale tanto da vedere il torrente davvero molto in basso per poi perderla fino a tornare sul greto del torrente stesso e doverlo attraversare nuovamente. Ad ogni modo
cartelli posti ben in evidenza segnano la direzione, quindi non ci si può sbagliare.
Si sale dentro il bosco, dai 520 sino a 600 mslm dei resti di un altro
piccolo comprensorio chiamato
Brusat. Da qui a Tamar sono altri circa 60 metri di dislivello, basta seguire i bolli rossi sugli alberi. A
Tamar è presente il
Bivacco Guglielmo Varnerin (660 mslm), decisamente ben attrezzato dal CAI. Qui si può prendere l’ampia carrabile, che però tende a salire, noi consigliamo di aggirare letteralmente il bivacco.
Dietro di esso parte un “troi” con muretti a secco e dopo aver attraversato
l’ultimo rudere a più piani, si scende fino ad arrivare ai piedi del primo attraversamento sul Tarcenò, ovvero a circa 200 metri da dove abbiamo parcheggiato.
Bisogna dire che questa escursione è davvero ricca di cose da vedere. Oltre ai vari insediamenti umani, anche la natura cambia molto spesso con paesaggi quasi lunari, a cascate e marmitte fino alle torbiere. Un posto davvero molto bello da visitare, e anche ben mantenuto e valorizzato a livello locale. Non si può non encomiare il lavoro svolto per le insegne, al restauro della chiesa di Palcoda eccetera. Davvero un peccato per le zecche, purtroppo il sottoscritto ne ha scacciate ben una dozzina dai pantaloni, cosa che non mi era mai capitata prima d’ora. Purtroppo con una “
minaccia” simile consigliamo di venire a fare visita in questi luoghi solo nei periodi di febbraio – marzo, e ottobre – novembre, opzionali i mesi di dicembre e gennaio nel caso non vi sia neve.
Una delle due fornaci di Palcoda
Una vecchia finestra in quel di Tamar
Caratteristica facciata della villa di Vuar
piccola cengia vicino Palcoda
Rifugio accanto Palcoda
Ultime case di TAMAR, sul sentiero di ritorno.
resti della cittadella fantasma di Palcoda
Cascatella, affluente del Chiarzò
Il leone sulla roccia
Vista in lontananza di Palcoda
[toggles title=”Vedi altre Foto”]
Abitato di Brusat, con tanto di numero civico in bella evidenza.
un simpatico amico ci attraversa la strada con tutta la sua serafica calma.
uno dei tanti attraversamenti del Chiarzò, le tabelle sono sempre presenti.
Torrente Chiarzò
Una finestra con una suggestiva vista sui monti, allora come oggi.
una finestra, oggi gli alberi sono nati dentro le case.
Un arco che dava su una corte. Vista di un tempo lontano.
La vegetazione e il muschio, dopo 100 anni riprendono il loro territorio
Entrata su una corte a Palcoda
viottoli di Palcoda
antichi terrazzamenti per l’agricoltura avvolti dal bosco
indicazioni per la fornace di Palcoda
capitello votivo sulla strada per Palcoda
giochi d’acqua su un affluente del Chiarzò
canyon sul Chiarzò
Palcoda di sotto
fioriture primaverili
Penultimo bivio verso Tamar
Tramonti di sotto
retro di Tamar, dove inizia il sentiero CAI di ritorno.
vista verso Tramonti
Muretti a secco vicino Vuar
Interno della villa di Vuar
Interno della villa di Vuar
Marmitte sul Chiarzò
Panoramica di Palcoda
Capitello votivo vicino Palcoda
Bivio sul Chiarzò
In salita verso Palcoda CAI 831A
fioriture sul CAI 831A
Vuar Cartello
Bivio Vuar – Palcoda
Marmitte vicinanze bivio Vuar – Palcoda
Bivio sul 831A
Interno della chiesa ristrutturata di Palcoda
Porta del sole (Palcoda) vista dall’interno.
vista dalla chiesetta di Palcoda
Resti dei piani a trave di villa Vuar
Sontuosa porta laterale della cappella di Palcoda
Porta del sole di Palcoda.
resti della cittadella fantasma di Palcoda
resti della cittadella fantasma di Palcoda
resti della cittadella fantasma di Palcoda
resti della cittadella fantasma di Palcoda
resti della cittadella fantasma di Palcoda
Vicinanze villa Vuar
Arco sul retro di villa Vuar
scorci di una vita passata, Palcoda
Antichi archi del borgo di Palcoda
indicazioni CAI sulle case fantasma di Palcoda
Campanile, ristrutturato, di Palcoda
Rovine di Palcoda
[/toggles]
campone
En partant de l’ancien moulin de Campone, on peut aussi rejoindre Palcoda le long du torrent Chiarzo, avec de multiples spots de baignade.
Walter Tosolini
Merci beaucoup